ALFREDO[1]Relazione su “Competizione, Judo oltre lo sport” tenutasi al Seminario sul Judo di Vercelli (Ottobre 2014) Voglio iniziare la mia relazione sull’argomento di quest’anno con una frase del mio Maestro, Cesare Barioli, scritta in occasione del Congresso di Vercelli del 2007:

“ … sono un vecchio, di quelli che nelle discussioni impongono la loro esperienza. E insisto che il nostro problema è culturale. Ho proposto questo congresso perché ritengo che il Randori sia in pericolo di gara, il Kata in pericolo di medaglie e il Judo in pericolo di ignoranza ..”

Siamo nel 2014, sono passati sette anni da quelle parole. L’argomento del Congresso di quest’anno è la realizzazione di giornate dedicate ad approfondire, presentare e studiare gli aspetti essenziali che elevano il “Judo” a disciplina educativa. Perché comprendere a fondo il pensiero, la filosofia e la proposta educativa del fondatore Kano Jigoro è stata ed è ancora una sfida.

La storia non è stata pietosa con il creatore del Judo, ma oggi, anche in Giappone si incomincia a considerare il Judo originale come un paradigma che potrebbe rivoluzionare la formazione giovanile, educando a una visione sociale e globale della vita attraverso il fascino e la naturalezza dell’attività motoria. Il Comitato scientifico di quest’anno ha scelto un argomento delicato e di particolare attualità: “Educazione-Competizione, il Judo oltre lo sport”. Inoltre il Congresso si propone di approfondire il rapporto fra spirito competitivo, competizione vera e propria e valori educativi discutendo gli aspetti etici, prima che regolamentari, di una competizione che voglia salvaguardare lo spirito originario del Judo.

Come si sentiva di affermare il mio Maestro anni fa, ora sono anch’io un vecchio che vuole imporre la propria esperienza e ribadire che il nostro problema è culturale. Il randori, non è quasi mai “ricerca dell’eccellenza nel pensiero e nell’azione”, il più delle volte, è finalizzato alla gara e di conseguenza ogni azione viene eseguita per prevalere su chi si ha di fronte. E questa non è l’Educazione intesa da Jigoro Kano. La pratica dei Kata è diventata un’altra disciplina, un teatrino di persone che si preoccupano più del taglio del judogi che indossano, deve essere perfetto e uguale nella coppia altrimenti hanno già perso la gara in partenza, che della sostanza delle tecniche che eseguono. Provate a guardare contemporaneamente una gara di Nage no kata e una di shiai e ditemi se vi sembrano la stessa disciplina. Le organizzazioni internazionale e nazionali hanno comunque raddoppiato il numero delle medaglie e creato super tecnici solo di kata. Il Judo in pericolo di ignoranza? No Cesare, dal punto di vista Educativo il Judo non è più in pericolo di ignoranza; è quasi tutto ignorante sotto questo aspetto. Le gare di Judo sono sotto gli occhi di tutti e sono evidenti le regole, gli atteggiamenti del pubblico e degli atleti. Per i non addetti ai lavori, mi riferisco a chi non vive il Judo internazionale che alla fine dà le direttive tecniche a tutti gli organismi di Judo nel mondo che volenti o nolenti si trovano a doverle praticare, forse non sanno che per l’organizzazione mondiale del Judo, tutto deve girare attorno a interessi economici per chi organizza, chi gareggia e chi allena le squadre. Questa perversa evoluzione economica e involuzione culturale allontanerà sempre di più il Judo attuale dall’ideale educativo del prof. Kano. Per camuffare questa tendenza e mettersi il cuore in pace con la tradizione hanno aumentato il numero dei “saluti” prima e dopo un incontro, per salire e scendere dal tatami e così via, intendendo tutto ciò, il valore educativo del Judo e l’educazione da trasmettere al mondo per sottolineare la differenza con le altre discipline.

Capite perché affermo che il Judo non è più “in pericolo di ignoranza”! Sono mesi che ricevo comunicazioni di gare in programma per celebrare il 28 ottobre, giornata della nascita del prof. Jigoro Kano; penso che se almeno in quella giornata non organizzassero nessuna gara, almeno in quel giorno, il fondatore del Judo Kodokan si riposerebbe, smettendo di rivoltarsi nella tomba almeno per il suo compleanno. L’11 maggio del 1889 il prof. Kano tenne di fronte alla Dai Nihon Kyoiku kai (Organizzazione nazionale del Giappone per l’educazione) la relazione sul Judo più importante della sua vita. Convinse il ministero dell’educazione giapponese che il Judo, come lo aveva concepito in opposizione al Jujutsu e a tutti i metodi educativi occidentali per motivi pedagogici diversi, era l’unica vera disciplina esistente che proponeva attraverso un’educazione fisica, un’educazione morale e una intellettuale una conseguente edificazione spirituale. In quella sede convinse tutti i presenti, orientali e occidentali, del mondo dell’educazione che il Judo era, attraverso la pratica di Kata e Randori, come intendeva il Kodokan di allora, un nuovo paradigma educativo per la gioventù giapponese e per il mondo intero. Per il prof. Kano nulla era più importante per i giovani che essere educati attraverso una cultura fisica, morale e intellettuale che li coinvolgesse spiritualmente per mezzo di Kata e Randori. Da allora il Judo, primo fra tutte le discipline del Budo, entrò in tutte le scuole del Giappone. Neanche una parola fu spesa per l’attività agonistica, tutto avvenne negli anni successivi quando lo sviluppo troppo rapido del Judo, senza Maestri preparati didatticamente, sono parole del prof. Kano, per mantenere l’interesse negli allievi e averne sempre di più, iniziarono a promuovere gare. Jigoro Kano stesso ammette che a causa dei troppi impegni assunti non gli fu possibile seguire questi sviluppi come avrebbe voluto.

Due anni fa, al convegno di Vercelli su “JUDO, UNA PROSPETTIVA SULL’EDUCAZIONE” presentai un intervento “Il mio ideale di Judo”. Oggi vi tralascio tutta la prima parte dove raccontavo momenti della mia avventura judoistica con il Maestro Barioli ma voglio riproporvi la seconda perché mi sembra adatta al tema che trattiamo. “Ho 67 anni, la mia convinzione che il judo sia un metodo educativo alternativo a tutti quelli esistenti, con grandi possibilità di cambiare in meglio le persone, è sempre più forte. Mi riferisco a un judo finalizzato a questo scopo e non a vincere una competizione. Quando penso a un judo ideale lo immagino senza gare, il randori (trad. “Ran: caos, confusione e dori: tenere, controllare” comunemente è tradotto con esercizio libero perché i ruoli di tori e uke non sono prefissati contrariamente a tutti gli altri esercizi di Judo) e il kata (trad. “esercizio di forma”) sono gli allenamenti che permettono al judoka di temprarsi e di fortificare corpo e spirito. Ritengo lo sport agonistico l’ennesima invenzione di alcuni uomini volta ad allenare altri per prevalere sul loro prossimo. La competizione allena gli uomini a combattere per superare chi sta loro di fronte e, pur di raggiungere il risultato, ci si inventa di tutto. Ci si allena per essere sempre più forti e veloci, più furbi e scaltri, spesso addirittura barando a rischio della propria salute e di quella altrui. Ma non siamo già abbastanza bravi in questo genere di cose? Anche se tutto questo ci viene presentato come mezzo per accrescere la salute fisica, la forza morale e l’abilità tecnica, il fatto di eliminare chi ci sta davanti solo per passare all’avversario successivo e alla fine primeggiare, in realtà, non fa altro che alimentare qualcosa che l’uomo conosce già molto bene: il desiderio di prevalere su tutto e tutti. Sono migliaia di anni che si predicano tolleranza, amore, rispetto, mutue concessioni, carità, compassione, e gli uomini sono sempre in conflitto fra loro in un combattimento infinito che cominciò milioni di anni fa al solo scopo della sopravvivenza. Desidero riprendere una parte del discorso per questo convegno che fu scritta dal Maestro Barioli e che si sposa perfettamente col mio ideale di Judo: “Le istituzioni educative attraversano oggi una fase pre-paradigmatica che vede la coesistenza di vari modelli talora contraddittori tra loro e spesso poco attenti agli aspetti spirituali e morali. D’altro canto l’educazione morale non ha realizzato progressi pari a quelli che la tecnologia scientifica ha compiuto nel XX secolo. L’obbiettivo di un programma educativo, invece, è stimolare nella popolazione mondiale una crescita interiore che miri al bene comune; specialmente in un momento di crisi economica e di valori come quello attuale: il futuro è un drammatico confronto tra educazione e caos.” Se il judo vuole essere un nuovo paradigma educativo, deve uscire dalle logiche e dalle false promesse che tutte le competizioni possono offrire. Sono sempre più convinto che, se esso rimarrà legato a quel carrozzone chiamato sport agonistico e impegnato a promuovere sentimenti di prevaricazione sugli altri, faticherà moltissimo a manifestare il proprio valore come disciplina educativa. Visto che la motivazione che passa a sostegno dell’agonismo sta nel fatto che aiuta i giovani a diventare più forti nel superare le avversità che incontreranno nella vita mi domando perché non li mandiamo in Afganistan o in Iran a combattere così saranno ancora più preparati.

SENZAT11Il mio ideale di judo vuole “combattere” tutto questo. Il mio judo ideale deve aiutarmi a competere con me stesso per essere sempre migliore nei confronti “dell’Universo che mi circonda”, “delle stelle nel cielo”, e non per essere avversario del mio prossimo. Il mio prossimo è un’altra persona che, insieme a me, grazie a me, cresce fisicamente, moralmente e spiritualmente e che mi aiuta a fare altrettanto. Questa, a mio avviso è la vera battaglia che vale la pena intraprendere. Il prof. Jigoro Kano intuì queste grandi possibilità che la cultura e la disciplina educativa dei Bujin potevano offrire alla società e le mise in pratica nella sua scuola. Lì ne sancì i valori morali e spirituali tramite i principi da lui scritti a sostegno di questa intuizione:

Seiryoku Saizen Katsu yo “il migliore impiego dell’energia fisica e spirituale in ogni azione”

Jita Yu Wa Kyo Ei “io e gli altri in armonia per crescere e progredire tutti insieme”

Per concludere il mio intervento voglio ripetere con forza che, se il judo vuole essere un esempio di nuovo paradigma educativo nel futuro dell’umanità, le competizioni sarebbero da escludere onde evitare che esso sia percepito come uno sport agonistico. Qualche anno fa scrissi per i miei allievi alcuni consigli inerenti al mio ideale di judo che faccio loro leggere alla fine di ogni lezione:

“I shin den shin”

E’ Judo, ogni volta che cadete e vi rialzate sorridendo.

E’ Judo, ogni volta che proiettate un compagno e ve ne dimenticate.

E’ Judo, ogni volta che cercate l’eccellenza nel pensiero e nell’azione.

E’ Judo, ogni volta che riuscite ad ascoltare i pensieri dell’altro.

E’ Judo, ogni volta che aiutate quelli che disperano per la fatica.

E’ Judo, ogni volta che riconoscete con umiltà i vostri limiti e le vostre debolezze.

E’ Judo, ogni volta che permettete a Tolleranza e Amicizia di rinascere in voi e poi le donate al vostro prossimo.

E’ Judo, ogni volta che vi sentite sicuri e protetti dagli altri.

E’ Judo, ogni volta che riuscite a trarre Ordine dal Caos.

Alfredo Vismara Hanshi – Dai Nippon Butokukai