“E’ Judo ogni volta che vi sentite sicuri e protetti dagli altri”
Provate a immaginare un paese, una città, una nazione, un mondo, dove andate in giro con la sensazione che chi vi circonda si preoccupi di voi, della vostra sicurezza, della vostra incolumità, del vostro benessere, e che riceva da voi altrettante attenzioni.
Vi sembra che ciò sia così difficile, impossibile da realizzare? Il principio Jita yu wa kyoei esprime e vuole insegnare esattamente questi valori.
Sicuramente adesso penserete “E’ arrivato quello che vuole cambiare il mondo”, ma vi sbagliate: quello che voleva cambiare il mondo con il suo metodo è già arrivato e nacque nel 1860 a Kobe, in Giappone. Si chiamava Jigoro Kano.
Io credo solo fermamente che con della buona volontà e una didattica corretta ciò sia possibile, o perlomeno che sia possibile portare il numero delle persone che condividono questo principio a percentuali molto alte, tali da rendere questi valori visibili a tutti.
Come si fa una cosa del genere in un mondo che fa di tutto per muoversi al contrario? In realtà già lo facciamo, dobbiamo però portare fuori dal tatami questo codice comportamentale, condiviso da molti insegnamenti: l’ingresso nel Dojo, il posizionamento corretto degli zoori a bordo tatami, il rispetto per mezzo di un rituale – il saluto – dei compagni di pratica, la preoccupazione per l’incolumità degli altri al momento della proiezione, l’attenzione nel randori a dove si proietta un compagno per non ferire chi sta vicino, l’aiuto ai principianti.
Sono innumerevoli le situazioni nel Judo Kodokan dove il principio Jita kyoei viene insegnato e applicato, spesso involontariamente, da tutti i partecipanti alle lezioni di Judo, che siano bambini, ragazzi, giovani o adulti.
Il problema, o meglio l’ostacolo, che va superato è il limite fisico e temporale all’interno del quale queste attenzioni nei confronti del prossimo vengono osservate, racchiuso tra il saluto iniziale e quello finale di ogni lezione.
Questo è lo sforzo che i judoka di tutto il mondo devono fare: portare questo insieme di regole comportamentali al di fuori del Dojo. Se non lo fanno non possono dire di praticare Judo, o meglio di praticare il Kodokan Judo.
Come ho spiegato più volte, quando insegnate Judo non state allenando un essere umano perché sconfigga qualcun altro ma perché batta se stesso e l’egoismo che è in lui. State aiutando delle persone a crescere fisicamente, tecnicamente, moralmente perché si edifichino spiritualmente.
Ripeto spesso che il Judo Kodokan è l’unica disciplina al mondo con queste finalità, e se non esportiamo questi principi per vivere in armonia col prossimo veniamo meno al Kodokan Judo e a quella meravigliosa intuizione avuta dal prof. Jigoro Kano volta ad aiutare l’umanità.
Al prossimo ed ultimo appuntamento di I shin den shin:
“E’ Judo quando riuscite a trarre ordine dal caos”.
Alfredo Vismara Hanshi Dai Nippon Butokukai